Percorsi di Musica e Arte
“Percorsi di Musica e Arte” è il titolo di un ciclo di tre lezioni - concerto che ho iniziato ad effettuare alcuni anni fa.Ma devo dire che anche prima di inventare questo ciclo di lezioni - concerto già da tempo tenevo incontri d’introduzione all’ascolto della musica - principalmente, ma non solo, nelle scuole superiori italiane.Sono facilitato in queste iniziative dal fatto di suonare uno strumento, la chitarra, che si presta particolarmente allo scopo: anzitutto è maneggevole e si può portare dappertutto, pur essendo musicalmente completa - di una completezza forse insospettabile da parte di chi non ha mai sentito suonarla con proprietà - e assai versatile, potendo essere impiegata per interpretare musica d'ogni epoca, dalle complesse polifonie rinascimentali e bachiane alle opere strutturalistiche del ‘900 e postmoderne. Inoltre la chitarra piace ai giovani e a chi è stato giovane un po’ d’anni fa e può quindi fungere in modo eccellente da “ambasciatore” della musica colta (come diceva Oscar Ghiglia, uno dei miei maestri) anche presso persone che si ritengono poco o nulla interessate ad essa. Il motivo fondamentale per il quale mi impegno in questa opera di divulgazione, che si affianca alla mia attività concertistica tradizionale, è presto detto: sono profondamente convinto del fatto che la bellezza della musica colta occidentale sia “per tutti” e possa essere fruita anche dai non addetti ai lavori, avendo inoltre una grande ed insostituibile potenzialità educativa.Oggi invece la musica classica, ed in particolare la chitarra classica, spesso rischia di venire relegata in una specie di nicchia per “aficionados”; mi sembra un peccato, e poi se il pubblico è troppo ristretto c’è anche meno lavoro per i musicisti… Dopo vari assestamenti dovuti alla sperimentazione “sul campo” la forma attuale delle lezioni - concerto è ora strutturata in un ciclo di tre incontri - ciascuno dei quali effettuabile autonomamente, ma anche profondamente collegati tra loro - che ripercorre sinteticamente la storia della musica e dell’arte occidentale dal rinascimento ad oggi.I titoli dei tre incontri sono: “Rinascimento e Barocco”, “Classicismo e Romanticismo”, “Da fine Ottocento ai giorni nostri”.La formula di ciascun incontro è basata sulla proposta dell’ascolto di una quindicina circa di brevi composizioni, originali per chitarra o trascritte da altri strumenti (utilizzo molto le bellissime trascrizioni realizzate da Andrés Segovia di celebri brani classici per liuto, clavicembalo, pianoforte, e io stesso ho fatto altre trascrizioni) ciascuna delle quali è eseguita dal vivo contemporaneamente alla proiezione su schermo della riproduzione di un’opera d’arte, generalmente coeva e comunque collegabile per contenuto espressivo al brano musicale ad essa abbinato.Ogni incontro risulta così incentrato su di un breve momento di “spettacolo” (cerco per questo di favorire il più possibile il crearsi di un attento clima d’ascolto, anche utilizzando al meglio le possibilità offerte dal luogo dove opero, per quanto riguarda il suono e l’illuminazione); in tale momento il mio tentativo è quello di fare incontrare il più possibile ad ogni ascoltatore la bellezza di ogni pezzo di musica da me eseguito, con l’ausilio della suggestione creata dalle immagini proiettate su schermo e della lettura, tra un brano e l’altro, di brevi aforismi letterari da me selezionati e scritti generalmente dagli stessi artisti e musicisti presenti nel programma. Di questa impostazione sono debitore anche alla mostra “La Perdita del Centro” allestita al Meeting di Rimini del 1999 (mostra che a sua volta riecheggiava il titolo del celebre saggio di Hans Sedlmayr) che abbinava opere d’arte contemporanea a brani letterari; essa mi suggerì l’idea di proporre un “percorso” simile coinvolgendo anche la musica, e ancora oggi utilizzo diverse immagini e testi letterari che facevano parte della mostra riminese. Solo successivamente ho elaborato gli altri due momenti del ciclo, relativi alle epoche più antiche.Un programma di sala distribuito ad ogni partecipante riporta autore e titolo di ogni opera d’arte e brano musicale proposto ed i testi letterari, alcuni dei quali vengono anche proiettati su schermo; i brani musicali sono numerati per favorire la veloce annotazione di appunti da parte degli ascoltatori.Il breve concerto (mezz’ora circa) è preceduto da una brevissima introduzione parlata di carattere soprattutto metodologico: essa tende a suggerire e privilegiare il metodo dell’ascolto, dell’impatto personale e aperto di ciascuno con quanto l’opera d’arte ed il brano musicale (e gli abbinamenti tra loro e con i testi da me proposti) potranno comunicarci. Infatti, non è per nulla scontato, specie in ambito scolastico, che si arrivi ad un momento di questo tipo disponibili ad un vero ascolto; può essere prevalente, addirittura favorita da una certa attitudine degli insegnanti a scuola, l’idea di usare l’ascolto e la visione come asettica e superficiale acquisizione di esemplificazioni di un discorso storico, filosofico o estetico. Ma “il metodo è imposto dall’oggetto” e l’arte non si può fruire in questo modo. Per fare un esempio banale, è molto più importante ascoltare la musica in raccolto silenzio che riuscire subito a “cogliere i nessi”: l’arte, infatti, certo ci fa conoscere il “tipo umano” da cui nasce - e, con buona pace dei teorici dell’“arte per l’arte”, non si vede come potrebbe non farlo -, ma lo fa attraverso il metodo che le è proprio, non cioè tenendoci un discorso, ma facendoci impattare con l’oggetto artistico e vibrare in sintonia con il suo contenuto espressivo, di cui “facciamo esperienza” invece di “sentirne parlare”. Per usare una felice espressione non mia, si tratta sì di una conoscenza (e non di un mero provare sensazioni ed emozioni), ma di una “conoscenza affettiva” in cui tutto il cuore dell’uomo, ragione e sentimento, e perfino in certa misura la fisicità, sono coinvolti. Certamente sarà utile anche svolgere in modo sistematico i nessi con la cultura, la filosofia, la storia, ma non è il lavoro principale da fare durante la lezione - concerto. Dopo il momento di “spettacolo” (che dura circa mezz’ora e durante il quale cerco di parlare il meno possibile per non interrompere il clima di ascolto) è comunque previsto anche un momento di “parola”, che prenda spunto però dalla esperienza fatta da ciascuno e insieme ascoltando, guardando e leggendo. In questo secondo momento, a partire preferibilmente da osservazioni e domande dei partecipanti, cerco anche di motivare gli abbinamenti tra i testi, i brani musicali e le opere d’arte che ho proposto e di fornire qualche elemento di comprensione dei diversi tipi di linguaggio musicale impiegati nei brani musicali che ho suonato. Così, nello svolgersi dell’intero ciclo, si può commentare la formazione del linguaggio tonale, i concetti di consonanza e dissonanza, scala, accordo, modo maggiore e minore, ritmo, timbro, modulazione; si possono illustrare alcune forme musicali (Fuga, Sonata, Variazioni, Romanza…), il passaggio dal linguaggio contrappuntistico alla melodia accompagnata e lo “sgretolarsi” del codice tonale che avviene nel passaggio alla musica del Novecento (frammentazione ritmica, cromatismo, impressionismo, espressionismo, dodecafonia, minimalismo…) fino alla proposta di una nuova costruttività da parte di qualche autore contemporaneo. Il parallelismo con il linguaggio dell’arte e della poesia è a volte assai evidente e aiuta la comprensione. Ho tenuto le mie lezioni - concerto in varie forme ed in ambiti diversi; principalmente nelle scuole secondarie superiori italiane, come dicevo, ma anche (spesso in forma di vero e proprio spettacolo e con la partecipazione dell’attrice Paola Contini) presso centri culturali in Italia e all’estero e università (a Bologna ed alla New York University). In totale avrò forse tenuto ormai un centinaio di incontri di questo tipo. L’esperienza mi ha portato a continui affinamenti del contenuto delle lezioni - concerto (ad esempio, ho imparato a parlare meno durante la parte dedicata allo spettacolo concentrando le “spiegazioni” alla fine; ed il repertorio di testi, musiche ed immagini impiegate si espande e contrae a seconda della opportunità e delle scoperte che continuo a fare).Pur con gli evidenti limiti della strutturazione del ciclo “Percorsi di Musica e Arte” rispetto alla sua ambizione di coprire un arco temporale così vasto (il ché porta alla scelta obbligata di inserire solo composizioni brevi ed al rischio di trasformare ogni momento in un eccessivo bombardamento di stimoli sonori, visivi e testuali - e del resto la fruizione di un capolavoro artistico possibilmente non andrebbe “bruciata” in un unico contatto, ma si avvantaggia di una frequentazione anche lunga nel tempo) sento di poter dire con soddisfazione che questo ciclo rappresenta un’utile opportunità di incontro introduttivo alla bellezza della musica classica occidentale, che facilita anche il cogliere i suoi nessi con la storia della cultura e dell’uomo.A questo proposito la risposta praticamente costante del pubblico negli anni smentisce l’obiezione, che a volte affiora in qualcuno, sulla opportunità di accostare linguaggi artistici differenti (musica, arte, letteratura). Mi sembra un’obiezione più riconducibile ad un pregiudizio di tipo ideologico che al guardare le cose come stanno; di fatto, anche dei ragazzini di scuola media inferiore - come è capitato - non hanno nessuna difficoltà a rapportare un pezzo di musica ad un’immagine, magari per contestare la mia scelta di abbinarli (mi va benissimo: la contestazione di un particolare accostamento non riguarda il metodo dell’abbinare arte e musica, anzi lo conferma). A volte sono proprio gli “specialisti” che invece non si rendono conto di questi evidentissimi nessi… Del resto io non intendo certo “tradurre” un pezzo di musica in un quadro o viceversa; uso le immagini ed i testi per favorire l’ascolto e mettere in luce aspetti contenuti nel brano musicale che propongo: si tratta di analogie linguistiche e comunanze di sensibilità che aiutano ad entrare meglio in rapporto con la musica, rapporto che rimane una avventura personale e non schematizzabile a priori. Andare a suonare nelle scuole (specialmente durante l’orario scolastico, e quindi per un pubblico di ragazzi che non ha scelto spontaneamente di partecipare) è sempre un rischio - se non ci sono le condizioni giuste di ascolto non è che la cosa vada “un po’ meno bene”: rischia di essere inutile e quindi controproducente.Riguardo a questi casi (pochi, per fortuna) credo però di poter dire che non si tratta generalmente di una “colpa” dei ragazzi quanto di un’insufficiente cura e proposta del gesto da parte degli insegnanti, che dovrebbero essere personalmente, e loro per primi, interessati alla iniziativa per potere contagiare anche i propri studenti. E dipende anche da me riuscire a tenere vivo l’interesse e adattare volta per volta il mio intervento alla capacità di tenuta dei miei interlocutori.Viceversa, nelle molte occasioni in cui si crea il clima giusto (di regola accade quando c’è qualche insegnante che prende a cuore la cosa preparando e accompagnando i ragazzi) è molto bello vedere come giovani anche presumibilmente digiuni di studi musicali sappiano ammirare lo splendore della musica di Bach, Scarlatti e Haydn, vibrare con le melodie struggenti di Mendelssohn, Paganini e Chopin ed essere scossi dallo sgomento dei Klavierstucken di Schoenberg abbinati ad opere di Kandinski e Klee, dal grido espressionistico dei “Frammenti da Ungaretti” di Gilberto Cappelli abbinati a “Il Grido” di Munch e ai versi di Ungaretti (Cappelli ha composto il pezzo su mia richiesta e proprio per queste occasioni) o catturati dalla meccanica, minimalista e ossessiva ripetizione di “A Room” di John Cage (pezzo che ho trascritto dall’originale per pianoforte) abbinato al quadro “Bottiglie di Coca - Cola in verde” di Andy Warhol (tanto per fare solo qualche esempio; a questo proposito riporto in appendice il programma di sala dell’incontro sulla musica contemporanea).Anzi, capita a volte che proprio quel momento che potrebbe essere considerato a priori più ostico, l’incontro dedicato alla musica del Novecento (quella musica dissonante che può suscitare innervosite reazioni anche in qualche melomane adulto e acculturato), risulti particolarmente coinvolgente e stimolante per gli studenti. “Per la prima volta ho sentito che si parlava di me” ha detto uno studente al termine del momento di ascolto dedicato al ‘900. Io stesso ho modificato il mio giudizio sul pezzo di John Cage a partire dalla esperienza che ho fatto suonandolo in queste occasioni. Qui è particolarmente evidente l’utilità del nesso musica - immagine, che in certo modo aiuta a sciogliere la durezza dell’impatto con la musica contemporanea cui i giovani non sono generalmente avvezzi. Particolarmente bello è il crearsi, all’interno dalla “normalità” di un’aula scolastica, di quel clima di totale silenzio causato dall’essere colpiti da qualcosa di bello, esperienza di per sé inusuale e fortemente educativa (a volte il silenzio viene richiamato a scuola come fatto disciplinare o condizione per poter lavorare; ma quando il silenzio si crea per l’invadenza di qualcosa di bello che fa stare a bocca aperta e ad occhi spalancati non è vissuto dal ragazzo come una coartazione della sua personalità, ma è un’esperienza umanamente esemplare): “Non sembrava neanche di essere a scuola!” commentava qualcuno. Una bella frase del mio grande maestro Segovia potrebbe sintetizzare la motivazione di e l’esperienza da me fatta in questi incontri; certo, essa esprime anche una concezione dell’attività concertistica in quanto tale, ma si adatta particolarmente bene a questo tipo di momenti in cui la preoccupazione educativa è esplicitamente centrale: “L’artista è un uomo come gli altri, e non deve mai innamorarsi di se stesso. Perderebbe irrimediabilmente qualcosa…Come gli altri, con in più un dono meraviglioso: e per questo dono dev’essere sempre vicino ad ogni altro uomo”. Piero Bonaguri
“Percorsi di Musica e Arte” è il titolo di un ciclo di tre lezioni - concerto che ho iniziato ad effettuare alcuni anni fa.Ma devo dire che anche prima di inventare questo ciclo di lezioni - concerto già da tempo tenevo incontri d’introduzione all’ascolto della musica - principalmente, ma non solo, nelle scuole superiori italiane.Sono facilitato in queste iniziative dal fatto di suonare uno strumento, la chitarra, che si presta particolarmente allo scopo: anzitutto è maneggevole e si può portare dappertutto, pur essendo musicalmente completa - di una completezza forse insospettabile da parte di chi non ha mai sentito suonarla con proprietà - e assai versatile, potendo essere impiegata per interpretare musica d'ogni epoca, dalle complesse polifonie rinascimentali e bachiane alle opere strutturalistiche del ‘900 e postmoderne. Inoltre la chitarra piace ai giovani e a chi è stato giovane un po’ d’anni fa e può quindi fungere in modo eccellente da “ambasciatore” della musica colta (come diceva Oscar Ghiglia, uno dei miei maestri) anche presso persone che si ritengono poco o nulla interessate ad essa. Il motivo fondamentale per il quale mi impegno in questa opera di divulgazione, che si affianca alla mia attività concertistica tradizionale, è presto detto: sono profondamente convinto del fatto che la bellezza della musica colta occidentale sia “per tutti” e possa essere fruita anche dai non addetti ai lavori, avendo inoltre una grande ed insostituibile potenzialità educativa.Oggi invece la musica classica, ed in particolare la chitarra classica, spesso rischia di venire relegata in una specie di nicchia per “aficionados”; mi sembra un peccato, e poi se il pubblico è troppo ristretto c’è anche meno lavoro per i musicisti… Dopo vari assestamenti dovuti alla sperimentazione “sul campo” la forma attuale delle lezioni - concerto è ora strutturata in un ciclo di tre incontri - ciascuno dei quali effettuabile autonomamente, ma anche profondamente collegati tra loro - che ripercorre sinteticamente la storia della musica e dell’arte occidentale dal rinascimento ad oggi.I titoli dei tre incontri sono: “Rinascimento e Barocco”, “Classicismo e Romanticismo”, “Da fine Ottocento ai giorni nostri”.La formula di ciascun incontro è basata sulla proposta dell’ascolto di una quindicina circa di brevi composizioni, originali per chitarra o trascritte da altri strumenti (utilizzo molto le bellissime trascrizioni realizzate da Andrés Segovia di celebri brani classici per liuto, clavicembalo, pianoforte, e io stesso ho fatto altre trascrizioni) ciascuna delle quali è eseguita dal vivo contemporaneamente alla proiezione su schermo della riproduzione di un’opera d’arte, generalmente coeva e comunque collegabile per contenuto espressivo al brano musicale ad essa abbinato.Ogni incontro risulta così incentrato su di un breve momento di “spettacolo” (cerco per questo di favorire il più possibile il crearsi di un attento clima d’ascolto, anche utilizzando al meglio le possibilità offerte dal luogo dove opero, per quanto riguarda il suono e l’illuminazione); in tale momento il mio tentativo è quello di fare incontrare il più possibile ad ogni ascoltatore la bellezza di ogni pezzo di musica da me eseguito, con l’ausilio della suggestione creata dalle immagini proiettate su schermo e della lettura, tra un brano e l’altro, di brevi aforismi letterari da me selezionati e scritti generalmente dagli stessi artisti e musicisti presenti nel programma. Di questa impostazione sono debitore anche alla mostra “La Perdita del Centro” allestita al Meeting di Rimini del 1999 (mostra che a sua volta riecheggiava il titolo del celebre saggio di Hans Sedlmayr) che abbinava opere d’arte contemporanea a brani letterari; essa mi suggerì l’idea di proporre un “percorso” simile coinvolgendo anche la musica, e ancora oggi utilizzo diverse immagini e testi letterari che facevano parte della mostra riminese. Solo successivamente ho elaborato gli altri due momenti del ciclo, relativi alle epoche più antiche.Un programma di sala distribuito ad ogni partecipante riporta autore e titolo di ogni opera d’arte e brano musicale proposto ed i testi letterari, alcuni dei quali vengono anche proiettati su schermo; i brani musicali sono numerati per favorire la veloce annotazione di appunti da parte degli ascoltatori.Il breve concerto (mezz’ora circa) è preceduto da una brevissima introduzione parlata di carattere soprattutto metodologico: essa tende a suggerire e privilegiare il metodo dell’ascolto, dell’impatto personale e aperto di ciascuno con quanto l’opera d’arte ed il brano musicale (e gli abbinamenti tra loro e con i testi da me proposti) potranno comunicarci. Infatti, non è per nulla scontato, specie in ambito scolastico, che si arrivi ad un momento di questo tipo disponibili ad un vero ascolto; può essere prevalente, addirittura favorita da una certa attitudine degli insegnanti a scuola, l’idea di usare l’ascolto e la visione come asettica e superficiale acquisizione di esemplificazioni di un discorso storico, filosofico o estetico. Ma “il metodo è imposto dall’oggetto” e l’arte non si può fruire in questo modo. Per fare un esempio banale, è molto più importante ascoltare la musica in raccolto silenzio che riuscire subito a “cogliere i nessi”: l’arte, infatti, certo ci fa conoscere il “tipo umano” da cui nasce - e, con buona pace dei teorici dell’“arte per l’arte”, non si vede come potrebbe non farlo -, ma lo fa attraverso il metodo che le è proprio, non cioè tenendoci un discorso, ma facendoci impattare con l’oggetto artistico e vibrare in sintonia con il suo contenuto espressivo, di cui “facciamo esperienza” invece di “sentirne parlare”. Per usare una felice espressione non mia, si tratta sì di una conoscenza (e non di un mero provare sensazioni ed emozioni), ma di una “conoscenza affettiva” in cui tutto il cuore dell’uomo, ragione e sentimento, e perfino in certa misura la fisicità, sono coinvolti. Certamente sarà utile anche svolgere in modo sistematico i nessi con la cultura, la filosofia, la storia, ma non è il lavoro principale da fare durante la lezione - concerto. Dopo il momento di “spettacolo” (che dura circa mezz’ora e durante il quale cerco di parlare il meno possibile per non interrompere il clima di ascolto) è comunque previsto anche un momento di “parola”, che prenda spunto però dalla esperienza fatta da ciascuno e insieme ascoltando, guardando e leggendo. In questo secondo momento, a partire preferibilmente da osservazioni e domande dei partecipanti, cerco anche di motivare gli abbinamenti tra i testi, i brani musicali e le opere d’arte che ho proposto e di fornire qualche elemento di comprensione dei diversi tipi di linguaggio musicale impiegati nei brani musicali che ho suonato. Così, nello svolgersi dell’intero ciclo, si può commentare la formazione del linguaggio tonale, i concetti di consonanza e dissonanza, scala, accordo, modo maggiore e minore, ritmo, timbro, modulazione; si possono illustrare alcune forme musicali (Fuga, Sonata, Variazioni, Romanza…), il passaggio dal linguaggio contrappuntistico alla melodia accompagnata e lo “sgretolarsi” del codice tonale che avviene nel passaggio alla musica del Novecento (frammentazione ritmica, cromatismo, impressionismo, espressionismo, dodecafonia, minimalismo…) fino alla proposta di una nuova costruttività da parte di qualche autore contemporaneo. Il parallelismo con il linguaggio dell’arte e della poesia è a volte assai evidente e aiuta la comprensione. Ho tenuto le mie lezioni - concerto in varie forme ed in ambiti diversi; principalmente nelle scuole secondarie superiori italiane, come dicevo, ma anche (spesso in forma di vero e proprio spettacolo e con la partecipazione dell’attrice Paola Contini) presso centri culturali in Italia e all’estero e università (a Bologna ed alla New York University). In totale avrò forse tenuto ormai un centinaio di incontri di questo tipo. L’esperienza mi ha portato a continui affinamenti del contenuto delle lezioni - concerto (ad esempio, ho imparato a parlare meno durante la parte dedicata allo spettacolo concentrando le “spiegazioni” alla fine; ed il repertorio di testi, musiche ed immagini impiegate si espande e contrae a seconda della opportunità e delle scoperte che continuo a fare).Pur con gli evidenti limiti della strutturazione del ciclo “Percorsi di Musica e Arte” rispetto alla sua ambizione di coprire un arco temporale così vasto (il ché porta alla scelta obbligata di inserire solo composizioni brevi ed al rischio di trasformare ogni momento in un eccessivo bombardamento di stimoli sonori, visivi e testuali - e del resto la fruizione di un capolavoro artistico possibilmente non andrebbe “bruciata” in un unico contatto, ma si avvantaggia di una frequentazione anche lunga nel tempo) sento di poter dire con soddisfazione che questo ciclo rappresenta un’utile opportunità di incontro introduttivo alla bellezza della musica classica occidentale, che facilita anche il cogliere i suoi nessi con la storia della cultura e dell’uomo.A questo proposito la risposta praticamente costante del pubblico negli anni smentisce l’obiezione, che a volte affiora in qualcuno, sulla opportunità di accostare linguaggi artistici differenti (musica, arte, letteratura). Mi sembra un’obiezione più riconducibile ad un pregiudizio di tipo ideologico che al guardare le cose come stanno; di fatto, anche dei ragazzini di scuola media inferiore - come è capitato - non hanno nessuna difficoltà a rapportare un pezzo di musica ad un’immagine, magari per contestare la mia scelta di abbinarli (mi va benissimo: la contestazione di un particolare accostamento non riguarda il metodo dell’abbinare arte e musica, anzi lo conferma). A volte sono proprio gli “specialisti” che invece non si rendono conto di questi evidentissimi nessi… Del resto io non intendo certo “tradurre” un pezzo di musica in un quadro o viceversa; uso le immagini ed i testi per favorire l’ascolto e mettere in luce aspetti contenuti nel brano musicale che propongo: si tratta di analogie linguistiche e comunanze di sensibilità che aiutano ad entrare meglio in rapporto con la musica, rapporto che rimane una avventura personale e non schematizzabile a priori. Andare a suonare nelle scuole (specialmente durante l’orario scolastico, e quindi per un pubblico di ragazzi che non ha scelto spontaneamente di partecipare) è sempre un rischio - se non ci sono le condizioni giuste di ascolto non è che la cosa vada “un po’ meno bene”: rischia di essere inutile e quindi controproducente.Riguardo a questi casi (pochi, per fortuna) credo però di poter dire che non si tratta generalmente di una “colpa” dei ragazzi quanto di un’insufficiente cura e proposta del gesto da parte degli insegnanti, che dovrebbero essere personalmente, e loro per primi, interessati alla iniziativa per potere contagiare anche i propri studenti. E dipende anche da me riuscire a tenere vivo l’interesse e adattare volta per volta il mio intervento alla capacità di tenuta dei miei interlocutori.Viceversa, nelle molte occasioni in cui si crea il clima giusto (di regola accade quando c’è qualche insegnante che prende a cuore la cosa preparando e accompagnando i ragazzi) è molto bello vedere come giovani anche presumibilmente digiuni di studi musicali sappiano ammirare lo splendore della musica di Bach, Scarlatti e Haydn, vibrare con le melodie struggenti di Mendelssohn, Paganini e Chopin ed essere scossi dallo sgomento dei Klavierstucken di Schoenberg abbinati ad opere di Kandinski e Klee, dal grido espressionistico dei “Frammenti da Ungaretti” di Gilberto Cappelli abbinati a “Il Grido” di Munch e ai versi di Ungaretti (Cappelli ha composto il pezzo su mia richiesta e proprio per queste occasioni) o catturati dalla meccanica, minimalista e ossessiva ripetizione di “A Room” di John Cage (pezzo che ho trascritto dall’originale per pianoforte) abbinato al quadro “Bottiglie di Coca - Cola in verde” di Andy Warhol (tanto per fare solo qualche esempio; a questo proposito riporto in appendice il programma di sala dell’incontro sulla musica contemporanea).Anzi, capita a volte che proprio quel momento che potrebbe essere considerato a priori più ostico, l’incontro dedicato alla musica del Novecento (quella musica dissonante che può suscitare innervosite reazioni anche in qualche melomane adulto e acculturato), risulti particolarmente coinvolgente e stimolante per gli studenti. “Per la prima volta ho sentito che si parlava di me” ha detto uno studente al termine del momento di ascolto dedicato al ‘900. Io stesso ho modificato il mio giudizio sul pezzo di John Cage a partire dalla esperienza che ho fatto suonandolo in queste occasioni. Qui è particolarmente evidente l’utilità del nesso musica - immagine, che in certo modo aiuta a sciogliere la durezza dell’impatto con la musica contemporanea cui i giovani non sono generalmente avvezzi. Particolarmente bello è il crearsi, all’interno dalla “normalità” di un’aula scolastica, di quel clima di totale silenzio causato dall’essere colpiti da qualcosa di bello, esperienza di per sé inusuale e fortemente educativa (a volte il silenzio viene richiamato a scuola come fatto disciplinare o condizione per poter lavorare; ma quando il silenzio si crea per l’invadenza di qualcosa di bello che fa stare a bocca aperta e ad occhi spalancati non è vissuto dal ragazzo come una coartazione della sua personalità, ma è un’esperienza umanamente esemplare): “Non sembrava neanche di essere a scuola!” commentava qualcuno. Una bella frase del mio grande maestro Segovia potrebbe sintetizzare la motivazione di e l’esperienza da me fatta in questi incontri; certo, essa esprime anche una concezione dell’attività concertistica in quanto tale, ma si adatta particolarmente bene a questo tipo di momenti in cui la preoccupazione educativa è esplicitamente centrale: “L’artista è un uomo come gli altri, e non deve mai innamorarsi di se stesso. Perderebbe irrimediabilmente qualcosa…Come gli altri, con in più un dono meraviglioso: e per questo dono dev’essere sempre vicino ad ogni altro uomo”. Piero Bonaguri